Il cantante degli U2 prende a sberle l’informazione idiota di casa nostra.
Non passa giorno senza che i media pubblichino stupidaggini spacciandole per informazioni o, peggio ancora, opinioni. Le ultime sono firmate da Gino Castaldo, critico musicale di Repubblica, che attacca Bono per aver parlato male, qualche giorno fa in un podcast, del nome “U2”, di molti brani e addirittura della propria voce.
Un lettore con un minimo di autoironia sorride e fa il tifo per Bono. Non tanto per quel “non mi piace la mia voce”, che è un classico tra i cantanti. Decisamente più coraggioso il fatto di stroncare canzoni che hai venduto a milioni di persone.
Eppure non conosco nessun amante degli U2 che sia sentito tradito o abbia gettato i dischi dalla finestra. Bono può aver scherzato, esagerato apposta, reagito male. Magari era stato multato da un vigile prima dell’intervista. E comunque, da buon artista, ogni tanto dà di matto e dimentica di essere a capo di un’azienda multinazionale. Succede.
Stupisce invece la reazione di Castaldo, la cosiddetta informazione. Che ci va giù pesante: “La verità è che imbarazzati siamo noi per come distrugge un patrimonio e si fa beffe della credulità della gente”. E poi: “Le rockstar possono impazzire, è bene tenerlo a mente”. E vai con un pippozzo moralista con l’apice dedicato alla sofferenza “di tutti quelli che hanno pensato che Joshua tree fosse uno dei dischi più belli mai pubblicati e che Achtung baby e One fossero frutto di illuminazioni superiori”.
Non poteva mancare la chiusura retorica e teatrale: “Ci siamo sbagliati tutti, hanno fatto schifo, è stato un abbaglio. Ce lo dice Bono, la voce del gruppo, quello che ha scritto le canzoni che credevamo capolavori e invece sono calessi, bagatelle, schifezzuole. Caro Bono, ma arrivati a questo punto, non era meglio tacere?”
Su chi dovrebbe tacere avrei altre idee, ma non importa. Ci metto invece una morale anch’io, meno teatrale. Non sugli U2, che apprezzo ma non ho mai amato. Su Castaldo, la perfetta immagine del giornalismo oggi: l’arte di guardare il mondo dal proprio piccolo punto di vista, senza umiltà, fantasia, curiosità.
Per quelli come Castaldo i miti sono indispensabili: che siano cantanti, calciatori o uomini politici, “quelli che ce l’hanno fatta” diventano la soluzione più facile per avere riferimenti precisi. È così difficile nel mondo di oggi. Succede in modo automatico anche a noi persone, portate istintivamente a mitizzare il politico migliore, lo scrittore, l’autore, il cantore (oggi perfino il cucinatore, dannazione).
Il giornalista mediocre ha capito che per raccontare le gesta di un presidente di regione, di un chitarrista o di un centrocampista, diventa tutto più semplice se li metti sotto ai riflettori e li chiami campioni, supereroi, fenomeni, geni. Con la piacevole conseguenza che un po’ di quella luce illumina anche te.
Mi piacerebbe rileggere le decine di pezzi in cui i mille Castaldo della musica osannano i loro eroi: “Pietra miliare della musica”; “Capolavoro fuori dal tempo”; “Intuizione musicale di origine divina”. È lo stesso identico stile del più stupido giornalismo politico, sportivo, economico, culturale.
Morale. Ogni volta che un qualsiasi Bono scherza su un mito, ad andare in crisi non siamo noi persone. Ci mettiamo un attimo a trovarne uno di nuovo. A crollare sono i cantori dei miti, costretti a ricominciare tutto da capo.
Io comunque ringrazio sia Bono che Castaldo. Mi aiutano a ricordare che l’ultima cosa di cui posso fidarmi sono proprio le mie banalissime opinioni.