Quando leggo “una commedia esilarante” scappo a tutta velocità. È forse l’aggettivo più abusato in quest’epoca di pandemia.
Chiuso in casa a guardare la tivù, cercando informazioni su film sconosciuti, m’imbatto decine di volte sul dannato “esilarante”. Mi dà l’idea di una specie di garanzia che dovrebbe sciogliere ogni resistenza e lanciarmi nella visione.
Chi scrive “esilarante” pensa sia sinonimo di divertente. Invece significa “che fa ridere a crepapelle, fino alle lacrime”.
Ora, di film capaci di tanto ce n’è forse uno su trenta. Forse. I restanti strappano al massimo qualche smorfia. Morale: se il film fa sorridere, limitatevi a “divertente, piacevole, accattivante”. Se strappa perfino qualche risata, scrivete “comico, spassoso, umoristico”. Esilarante basta. A esagerare si diventa solo più esili.