Dal 1985, anno della mia prima patente, non avevo mai provocato un incidente. Ma eccolo qua. In autostrada, alle sette di mattina. Errore non esente da scusanti, ma pur sempre un errore.
Ma non è questo il tema della storia. Che racconta non tanto la caduta quanto la pronta rinascita. Insomma, è roba per chi ama il lieto fine. Almeno fino al preventivo del carrozziere.
Succede sempre così: ti accorgi di aver fatto la cazzata quando non hai più speranze. È un decimo di secondo che sembra lunghissimo: vedi l’ostacolo e pensi “Stavolta non me la cavo”. Poi arriva il botto, di cui non senti il rumore: per ragioni oscure non registri alcun “crash!”, così come non ti accorgi degli otto airbag (otto maledizione, avete idea della spesa per sostituire otto airbag?) della Toyota che è leader mondiale nella sicurezza passiva e ci tiene a fartelo capire. Gli otto esplodono con la precisione di un’orchestra anche se in auto sei da solo e lei lo sa.
Ma niente, è così: ti trovi in una nuvola di borotalco leggerissimo, con il naso che pizzica per l’odore delle cariche esplosive. Il primo pensiero è: “Stai fermo, calmo, guardati attorno prima di uscire; chi esce sbaglia sempre”. Solo dopo ti accorgi che il primo pensiero dovrebbe essere: occhio che da dietro potrebbe arrivare una Bmw distratta e centrarti, ormai senza più airbag né il tempo di un ciao.
Sono fortunato: anche se siamo nella terza corsia della A4, le auto in arrivo frenano con calma – non sento nemmeno lo stridio delle gomme – e nel giro di un minuto è già tutto calmo. Nelle altre due corsie le auto sfilano tra occhi curiosi e bestemmianti. Sono già riuscito a scendere forzando la portiera bloccata dai copriruota, ho trovato e indossato il giubbotto, ho aperto e montato il triangolo.
Il tizio del furgone che ho tamponato è un padovano con forte accento dell’est. Per niente aggressivo. Anzi, si scusa: “Ho sbagliato io! Ho frenato di colpo per paura di quello che succedeva nell’altra corsia”.
Curioso spiegargli, davanti al cofano fumante, che la colpa è tutta mia e c’è ben poco da dire. Intanto guardo l’auto e comincio un tristissimo conto della serva: danni cofano ($$), fiancate ($$), radiatore ($$), paraurti anteriore ($$), fanaleria ($$). Dentro è peggio: esplosioni interne ($$$), airbag ($$$), tessuti lacerati ($$$), pezzi in frantumi. Speriamo bene per l’asse anteriore ($$$$), il motore ($$$$), il telaio portante ($$$$).
Mi distraggo andando a piazzare il triangolo una cinquantina di metri indietro, incrociando gli sguardi delle due colonne a passo d’uomo. Qualcuno frena per capire l’accaduto, provocando moltiplicazioni di bestemmie su sei corsie e due carreggiate.
Intanto arriva il furgone della sicurezza autostradale. Due uomini, evidentemente allenati, bloccano tutto sbandierando (siamo al confine tra Padova e Venezia ma la coda, mi spiegano, arriva già a Padova est) e riorganizzano la normalità. Mi chiedono di dare una mano a spingere l’auto sulla corsia di emergenza “sempre che le ruote non siano bloccate”. Non lo sono, per fortuna. Mi pare girino bene, speriamo (- – $!).
Nel frattempo arriva la Stradale: si avvicinano due paia di stivaloni con fare minaccioso (la multa no, dannazione! I punti! $$$) ma se ne vanno spiegando che l’altro tamponamento, poco più avanti, è più importante perché c’è un ferito, anche se leggero.
Allora capisco tutto. Ecco le scuse del ragazzo alla guida del furgone che ho centrato: si era spaventato a causa dell’altro tamponamento, una ventina di metri davanti a noi ma nella corsia centrale. Temendo che una delle due auto gli schizzasse addosso, ha inchiodato d’istinto, tramutandosi in un muro del pianto per il sottoscritto.
Riacquisto consapevolezza. Brutto momento: comincio a guardare bene l’auto, che non somiglia più molto a quella che conosco da anni. E comincio a guardare me stesso, con un rivolo di sangue sulla fronte – causa probabile: lo sportello dell’airbag che il cruscotto mi ha sparato addosso prima del cuscino – e un’incomprensibile botta sul polpaccio che neanche ai tempi del calcio.
Finisce che arriva il carro attrezzi ($), mi porta al primo autogrill per i verbali ($) e infine mi accompagna fuori con mille raccomandazioni: “Lunedì ricordati di pagare il pedaggio d’uscita se no le autostrade ti danno ($$$) anche la multa. Alla fine, mi scarica alla prima officina associata ($), dove chiamo qualcuno e mi faccio portare a casa.
E a casa penso. Che stavo viaggiando verso il Friuli per due giornate piene di formazione (- – $$!). Ovviamente è all’azienda la prima telefonata che ho fatto, all’alba di stamattina, perché nel mio mestiere guai a non presentarsi a un corso: mia piena responsabilità. E penso che passerò l’intero pomeriggio e la giornata successiva a macerarmi nel dolore e nel calcolo dei $$$$.
E poi le telefonate: ai famigliari, le figlie, gli amici, e vai con le foto per mostrare e gli audio per far sentire, dalla voce, che va tutto bene per davvero. E mi prendo centosette consigli che vanno da “Corri in ospedale a farti vedere” a “Non fare una sola mossa in più: il colpo di frusta domattina ti inchioderà al letto!”.
Ma sono un libero professionista, dannaz. Molto libero e poco professionista magari, ma se resto sul divano un giorno e mezzo la sola cosa che lavorerà è la fantasia: la scia di $$$$$$$$$$$$$$$$$$ che via via mi stringe lo stomaco arriverà fino in cantina. E poi non sento niente: colpo di frusta, colpo della strega, colpo d’Alfredo.
Perciò, dopo un pranzo leggero e sottovoce, mi riprendo. Ehi, alla fine non si è fatto male nessuno, giusto? È una fortuna sfacciata. Ma ci pensi se il tuo incidente ne provocava un altro e qualcuno… Guarda, non farmici pensare. Forza che è andata di lusso! Fai il possibile, dimentica l’errore (e l’orrore della $cia), stai nel presente!”
Telefono all’assicurazione, alla Toyota, all’officina. Organizzo il trasporto dell’auto a Vicenza. Pago senza fiatare. Chiamo l’azienda in Friuli, che nel frattempo aveva annullato le due giornate, e dico: “Domani mattina ci sono”. Organizzo il recupero della giornata persa. Carico computer e microfoni, scambio la giacca con il giubbotto e salto sullo scooter. Niente autostrada: la mia Hondina non ha un motore all’altezza. Via di statali e panorami. Parto alle 17,30 in punto: due ore dopo sono al B&B. Salgo a Mezzomonte per una pizza fuori ordinanza con eccellente impasto alle ortiche.

Il giorno dopo mi alzo: non ho un dolore che sia uno. E vorrei vedere, con tutta la palestra che faccio. Corseggio alla grande. Torno la sera tardi, col sole del tramonto negli occhi, come Tex Willer nelle vecchie copertine di Galep. Per strada, sulla Postumia, sorpasso un incidente con auto nel fossato.
Il giorno seguente è oggi. Mi alzo e, per non lasciare niente di intentato, vado in palestra. Zero dolori, colpi di frusta, colpi di testa. Forza, bisogna far passare anche questa.
Non ho mai ben capito se questo atteggiamento dimostri intelligenza o sia la controprova dell’imbecille che sono. Ma tanto, che mi piaccia o meno, questo sono io.
Fatto niente? Tutto merito di tanti anni di pseudo calcio, passati a randellare palloni e avversari. Il fisico ha una buona memoria e protegge e ti salvaguarda quando c’è bisogno. Pensa se a guidare il furgone fosse stato un giocatore del Costo………
Matteo sei un grande, trasformi un fatto negativo in una racconto bellissimo e ottimista, vorrei avere il tuo dono.
Per la cronaca mi dispiace per l’incidente e meno male che non ti sei fatto niente, io sono libero, se ti serve un autista sono a disposizione. Ciao
Cino
Mi vieni a prendere con il mitico furgone Renault? Un abbraccio!
Sembrerà banale come commento ma fortunatamente stai bene e non ci sono altre persone coinvolte.un forte abbraccio
Grazie Ernesta! fosse andata diversamente, altro che racconto divertente. A presto.
Sei bravo a farci ridere, nonostante lo spavento che ti sei preso!
Bravissimo anche per l’autoironia e per aver mantenuto la calma: al tuo posto, temo che avrei avuto una crisi di nervi…