Scrivere: arte o artigianato?

Chi lavora con la comunicazione non passa giornata senza analizzare errori e orrori della scrittura: perfino mangiando un boccone all’Ikea.

Ogni volta che leggo qualcosa faccio questo giochino: taglio, accorcio, semplifico, riscrivo. Perché è raro trovare cose ben scritte. Perfino dove la buona scrittura dovrebbe essere un principio.

Ho scattato questa foto tra i tavoli del ristorante Ikea. Ma l’immagine è la stessa che trovate ovunque: locali, aziende, negozi, uffici… Leggetelo con cura: non c’è una parola giusta. Sciatteria totale. Copiaincolla senza ritegno. Festival del burocratese.

Partiamo dal titolo. Il concetto chiave è: rispetta le distanze. Due parole. A che serve allora quel “ricorda di“? E poi: perché “distanziamento“? Chi è il burocrate che ha scritto questa parola tremenda di cinque sillabe quando la semplice “distanza“, tre sillabe, dice lo stesso in modo più chiaro?

E infine: che significa “sociale“? Può esistere una distanza asociale? Il burocrate intendeva sottolineare che dobbiamo mantenere la distanza dalle altre persone (quindi appartenenti alla società) e non da… animali, oggetti, entità spirituali? Mah. Il risultato è uno sbrodolare di parole superflue e oleose.

Andiamo al testo: “L’utilizzo di questo tavolo...” Haaaaaargh! L’utilizzo? Ci rendiamo conto che l’abuso di “utilizzare” ha raggiunto livelli criminali? Si dice usare, dannazione, usare! Utilizzare è inutilmente lungo, ha un suono orrendo e perfino un altro significato. Possibile che nessuno se ne accorga?

E poi: “è consentito“. Ma dove siamo, nel regno della tristezza infinita? Non era più chiaro, delicato e breve (tre sillabe contro quattro) “è permesso“?

Infine: “… a persone singole“. Chi mai saranno le persone singole? Esistono persone multiple o duplici? Avevano paura a scrivere sole?

Va bene, lo riscrivo come dio comanda.

Titolo: Rispetta le distanze

Testo: Siedi solo o con famigliari.

Tre parole contro 14. Un quarto di sillabe. Due secondi per capire contro i dieci dell’originale.

In sintesi. Scrivere è certamente un’arte. Ma soprattutto artigianato. Anche Michelangelo passava più tempo a limare, tagliuzzare, rifinire che non a creare. Chi scrive deve semplificare prima ancora di scrivere. E dopo aver scritto si comincia davvero: leggere, rileggere, limare, tagliare, ritagliare ancora. In alcuni casi non basterà. Bisognerà buttare tutto e ricominciare da capo.

E adesso venite a fare un corso da me, se ne avete il coraggio.

Matteo Rinaldi

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