Un mese in tivù, ma non ditelo a nessuno

Come dare voce a uno spot, vincere un concorso nazionale e far finta di niente per la vergogna.

Ho vinto un concorso nazionale dando voce a uno spot per il Ministero dei Trasporti. Un’avventura all’italiana che merita di essere raccontata. Contiene tutti gli ingredienti nazionali: cialtroneria, professionalità, fantasia e perfino l’immancabile raccomandazione.

Tutto nasce quando Corrado Ceron, giovane regista di talento, decide di partecipare a un concorso nazionale per il Ministero dei Trasporti. Il tema è: il valore dell’autotrasporto. Al primo classificato un premio in denaro e la visibilità televisiva per un mese intero.

Corrado s’inventa una bella storia per i trenta secondi canonici di uno spot, sceglie due bambini come protagonisti e gira. Per la voce fuori campo chiama una professionista. Ma un attimo prima di inviare il lavoro alla giuria ha un ripensamento: la voce non lo convince più.

Chiama il suo autore delle musiche nonché addetto al suono. “Filippo, emergenza: voglio una nuova voce ma domani devo consegnare. Come facciamo?” Il musico replica: Che problema c’è? Ne conosco una perfetta. “Ha esperienza? Già fatto spot o altro?” Vent’anni di incisioni radio e tivù! “Che sollievo, buon lavoro.”

Il musico chiama me. Il fatto che sia mio fratello è del tutto casuale: siamo gente seria noi. Come il fatto che non ho mai inciso niente in vita mia, a parte i messaggi in segreteria. “Mat, mi serve un favore: mi faresti la voce per uno spot? Però ho solo un’ora di tempo. Stanotte, dalle due alle tre. Poi ti spiego, ciao“.

Alle due dormo. Ma per un fratello nottambulo si fa questo e altro. Mi ritrovo nelle cantine di un condominio di periferia: il furbo amministratore le ha trasformate in sale prove per una dozzina di gruppi rock, punk, reggae, funky, purché nottambuli e molto rumorosi.

Entriamo nella sua cantina. “Abbiamo i minuti contati: non ho tempo di spiegarti e mostrarti lo spot. Sappi che c’è un bambino, un triciclo, una bambina. Lui gioca, porta cose per le stanze… Ecco il testo: leggilo come sembra giusto a te”. Snort, fammi almeno ascoltare la voce originale!

La voce originale è perfetta. Calda, elegante, precisa. “Io non la so fare in questo modo. Ho le esse che fischiano, le zeta che stridono, le pi che sparano, la lingua che si incarta nelle assonanze”. Ho un vantaggio però: so scrivere. Così correggo il testo per le mie corde. Mi basta togliere tutte le sillabe complesse, la metà delle esse, tre quarti di zeta, tutte le p, le assonanze strette, i periodi troppo lunghi. Possiamo cominciare: Abbiamo quaranta minuti, forse ce la facciamo.

Pronti, via! Comincio a leggere: “Ci sono viaggi che cominciano all’alb…” SBADABANG, RUMBLE, THUD!

“Filippo, che succede?” Succede che nella cantina di destra il gruppo di celtic-grunge “Brothers of Satan” ha cominciato le prove. Pestano come disperati. È impossibile registrare la voce senza catturare, attraverso il muro, batteria, basso e stonature del cantante.

“Tranqui, Matt. Sfruttiamo le pause tra un pezzo e l’altro. Vedrai che tra un attimo si fermano a litigare. Ecco, vai!”

Riparto. “Ci sono viaggi che cominciano all’alb…” YEEEH! FUCK YOUR SKIN, FUCK TO CUGIN! RUMBLE, CRASH! Ma cosa? Ah, capisco: nella stanza di sinistra hanno attaccato i “Vainmones“, punk-veneto orientale. Impossibile proseguire.

E adesso come si fa? “Fly down, Matt. Incastriamo la registrazione tra le litigate del primo gruppo e le pause del secondo. Per sicurezza ti metto in testa una coperta da sei chili che copre il rumore. Veloce però.” 

Sparo una lettura rapidissima ed elettrica, sperando che nella stanza a sud non attacchi la terza band, i “Faganels” (death funky).

Ce la facciamo. Non so come ho fatto ma l’ho fatto. Non so nemmeno cosa ho fatto, perché i tre gruppi riattaccano assieme e nemmeno con le cuffie, sotto alla coperta da due chili, riesco a capire una (mia) parola.

Inviamo a Corrado che monta e invia. Due settimane dopo la notizia: vittoria! Al regista gloria e premio, a noi l’onere (leggete bene, con la e) di finire, per un mese di fila, su La7, Italia 1, Canale 5 e Retequattro. Badando a non farlo sapere a nessuno, in quel mese di fila.

Fortuna che nessuno mi riconosce. Amo treni, bici e carburanti alternativi: qui pubblicizzo camion e furgoni. Roba da prendermi a schiaffi da solo.

Non abbiamo vinto per merito mio, evidentemente. Ma credo di aver dato toni e colori corretti: la voce è solare, quasi radiofonica, però senza il me-la-tiro-un-po’ del buon dj che se la tira sempre un po’.

Comunque, se ascoltate bene, in sottofondo sentite la chitarra scordata dei Faganels e un bestemmione da paura del bassista dei Vainmones. Ma per favore, non ditelo al Ministero dei Trasporti.

la voce giusta per uno spot
la voce giusta per uno spot

4 pensieri riguardo “Un mese in tivù, ma non ditelo a nessuno”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *